In un’epoca di scarsità di risorse, Hapter - realtà tra le più originali tra i produttori di occhiali d’avanguardia - sostiene il credo di preservare e massimizzare quelle esistenti. Capiamo come attraverso le parole del suo fondatore e CEO, Eric Balzan.
Quando e come è iniziata la vostra attenzione verso la sostenibilità?
Il filosofo francese Bernardo di Chartres affermava che “siamo come nani sulle spalle di giganti”, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l'acume della vista o l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.
Noi applichiamo lo stesso approccio intellettuale al design e alla produzione dell’occhiale: avendo maturato esperienza in grandi contesti industriali, sulle spalle di questi giganti abbiamo avuto l’opportunità di vedere distante.
E abbiamo visto un futuro diverso, in cui le risorse sono scarse, o più preziose, sia di materiali che di competenze artigianali, ma la richiesta di unicità e qualità è visibilmente destinata a crescere sempre di più.
E dunque abbiamo ricercato e inventato una modalità alternativa di produzione dell’occhiale. Nella concezione di Hapter, quando è nata l’esigenza di dare corso alla nostra ispirazione e creatività, non ci siamo arresi all’obbligo di avvalerci di questi “giganti” per produrre le nostre opere, e abbiamo quindi ripensato il design e la produzione del nostro occhiale, rendendoci completamente sostenibili e autonomi.
Per far questo abbiamo dovuto razionalizzare le risorse, inventare delle tecniche pulite e rispettose dell’ambiente, nelle quali la tecnica, l’ingegno e la qualità dei materiali fossero predominanti rispetto alla meccanica industriale.
Probabilmente possiamo definirci “nativi-sostenibili”, ovvero non lo diventiamo per volontà o per necessità, ma semplicemente perché nasciamo in un’epoca di scarsità di risorse e quelle che ci sono vanno preservate e massimizzate.
Dal punto di vista della sostenibilità in senso stretto, o tecnico, i nostri occhiali sono prodotti partendo da un unico blocco di materiale che ha già i requisiti di qualità del prodotto finito. Questo materiale viene poi tagliato nella forma dell’occhiale, per mezzo di tecnologie che preservano la qualità del materiale. L’occhiale viene poi estrapolato e gli viene conferita una tridimensionalità. Non vengono fatti passaggi di lavorazione intermedi che generano sfridi irrecuperabili, non usiamo solventi o lubrificanti, nemmeno lavatrici industriali.
Per questo il nostro è un atelier e non una fabbrica: un ambiente pulito e rigoroso, perché convivono tecnologie pulite che non sporcano il prodotto.
Come coniugate l’avanguardia produttiva con l’ecosostenibilità?
Il nostro principio è semplice: a prescindere dal costo del prodotto, riteniamo che il consumatore non debba pagare l’inefficienza tecnica e produttiva dell’azienda produttrice.
La nostra idea è di creare un prodotto di design i cui contenuti valoriali e prestazionali siano decisamente superiori al classico prodotto industriale, offrendo poi il giusto prezzo grazie al quale il consumatore paga per tale prodotto. Il consumatore deve pagare l’innovazione, l’ingegno, l’ispirazione e i materiali di qualità.
Noi, nel nostro piccolo, abbiamo creato un’isola produttiva dove idealizziamo il ruolo dell’ingegno e dell’artigianato, grazie al quale abbiamo l’obiettivo di realizzare prodotti in modo assolutamente sostenibile, in contesti di micro-manifattura inseribili anche in ambiti ambientali molto delicati: quale può essere il cucuzzolo di una montagna, o il centro di una città.
Come traslate questo processo green sui prodotti?
Il nostro prodotto è pensato in funzione della produzione, e viceversa. Questo perché il nostro prodotto è esclusivo e la nostra produzione al servizio esclusivo del nostro prodotto.
Tra gli altri, abbiamo ottenuto un brevetto di processo alla base di tutta la nostra produzione e questo è collegato ad una concezione di design pure facente parte del brevetto.
Scegliamo i materiali in base all’estetica e alla meccanica che vogliamo conferire al prodotto e non viceversa come di solito accade.
Il futuro di Hapter sarà all’insegna della sostenibilità?
Certo, è un percorso già tracciato. Ma questo non significa banalmente utilizzare materiali “sostenibili”: l’acetato, per esempio, dal mio punto di vista non può assolutamente e in alcun modo essere considerato un materiale “sostenibile” di per sé. O anche l’acciaio che utilizziamo viene prodotto in acciaierie: ma è il modo in cui viene utilizzato il materiale ad essere o meno sostenibile, il fatto che il residuo di lavorazione sia ri-lavorabile per creare nuovo acciaio per altre produzioni, allungando potenzialmente all’infinito il ciclo di vita del materiale.
Per esempio, i nostri occhiali sono realizzati partendo da una lastrina in cui residua acciaio + materiale polimerico, come la gomma. Lo scarto che resta dopo aver tagliato la sagoma dell’occhiale viene ritirato da un’azienda locale di recycling, la quale scompone il materiale all’interno di forni fusori, sviluppando da una parte nuovo acciaio e dall’altra producendo granulati di gomma destinati ad altre produzioni.