
Il presente e il futuro del retail
Daniele Tirelli, Presidente di Popai Italy - l’associazione senza fini di lucro nata per sviluppare la cultura del retail inteso in senso ampio - ci fa il punto della situazione sul comparto.Come è cambiato il retail negli ultimi anni?In modo radicale all’estero e anche in Italia c'è in atto un lento cambiamento.Questa attività economica si basa su alcuni pilastri: l’informazione, la logistica, i luoghi di interfaccia con la clientela. Tutti questi fattori hanno vissuto notevoli cambiamenti. L’informazione è aumentata assieme alla capacità di raccoglierla e di organizzarla attraverso codifiche e tassonomie.La logistica ha goduto della caduta delle barriere commerciali, dei costi di trasporto, degli sviluppi tecnologici connessi ai magazzini, tra cui, importantissima, la robotizzazione. I luoghi del commercio hanno subito una progressiva diversificazione delle formule e dei formati: i discount e gli outlet da un lato, i flagship, i pop-up, i temporary, gli showroom dall’altro, passando per le tipologie sempre nuove dei centri commerciali. A questo va aggiunto ovviamente un canale totalmente nuovo come l’online nelle sue varie sfaccettature.Quanto l'innovazione tecnologica ha influito sul cambiamento?Come detto in precedenza, la tecnologia, o meglio lo sciame delle tecnologie applicabili al commercio hanno avuto enorme influenza, ma, non bisogna dimenticare, che possono essere inefficaci qualora non si inseriscano in un ambiente contestualizzato in grado di sviluppare tutto il potenziale.Questo forse è mancato in Italia dove burocrazia e retaggi del passato, hanno certamente ostacolato una concorrenza più agguerrita e quindi un processo selettivo delle soluzioni più efficienti. Ciò nonostante, ultimamente, stiamo assistendo ad una serie di dimostrazioni applicative delle nuove tecnologie, certamente un po’ caotiche, ma interessanti. Digital signage e digital billboard, applicazioni al mobile, soluzioni personalizzate per la clientela, device di supporto al luogo di vendita tradizionale, evidenziano una diffusione in accelerazione.Quali le ultimissime tendenze in termini di design?In questo caso le molte luci si fondono con le molte ombre. Tranne specifiche eccezioni, il principio per cui la funzionalità (nel retail) dovrebbe prevalere comunque sull’estetica resta indiscutibile, anche se spesso disatteso. Il commercio è indubbiamente l’ultima scoperta di designer e architetti. Purtroppo molti tra essi hanno sovrapposto il proprio ego a quello che dovrebbe essere invece un esercizio professionale nell’interesse primario ed esclusivo del cliente. Voglio dire che assieme a intuizioni e creazioni geniali riscontriamo anche molto “manierismo”.Così, scelte stilistiche un tempo d’avanguardia, come il minimalismo dell’esposizione “museale”, il “neo-pop”, lo “shabby”, l'“archeo-industriale”, il “tecno”, l'“ecolò” tendono ad essere ripetute troppo sovente e con poca fantasia. Spesso la visione dell’architetto prevale su quella del marketing che invece dovrebbe avere il pieno controllo sulla catena delle attitudini e dei comportamenti della clientela all’esterno e all’interno del punto di vendita.Oggi, l’acquisto è una decisione e un atto fortemente legato ai tratti psicologici della personalità umana molto più che ai suoi bisogni materiali, ed è il marketing ad essere in possesso di queste conoscenze e non il designer o l’architetto.Ciò detto, al netto delle indebite invasioni di campo, è evidente che l’evoluzione degli spazi e dei tanti materiali impiegabili, offre magnifiche opportunità soprattutto per il commercio dell’abbigliamento e dell’accessoristica. Essi fanno della spettacolarizzazione un loro basilare punto di attrazione. In conclusione, nonostante la crisi, sembra, dal nostro punto di vista, che l’investimento nello store design e nel visual merchandising segni incoraggianti tassi di crescita.Ci delineerebbe il consumer del futuro?Non esiste un consumatore, ma un numero sempre crescente di ideal-tipi di consumatori. Con l’aumentare delle alternative presenti in assortimenti sempre più profondi e sempre più specializzati, la cultura di consumo (che è alla base delle scelte) diventerà, sul piano individuale, decisamente asimmetrica. Ciò vuol dire che ciascuno sarà molto informato su alcune cose che lo interessano ed estremamente ignorante su altre, dato che la capacità di processare l’informazione è limitata.In sostanza, per molti versi l’individuo che consuma, domani sarà più confuso, meno informato su molte cose e molto esigente su altre. In altre parole si accentuerà il ruolo dei presupposti socio-culturali in sostituzione di quelli puramente socio-demografici.