
Urso: 'Nord Est, marcia in più per tornare a crescere'
Riportiamo di seguito la lettera inviata dal Viceministro alle Attività Produttive Adolfo Urso al Corriere del Veneto di oggi.
'Caro direttore,
c'era una volta il Nord Est. La locomotiva d'Italia, il vero fenomeno produttivo del nostro paese. Erano gli anni Novanta e, in poco tempo, centinaia di imprese, oltre il 70 per cento dei distretti industriali del made in Italy, marciavano con forza ramificandosi da Bologna a Padova, da Treviso a Trieste fino a Pordenone.
Una spina dorsale fatta a volte da piccolissime realtà produttive, ma efficienti, laboriose, capaci di vincere la sfida del mercato e di affacciarsi con convinzione sui mercati internazionali. Questo sistema però sta subendo una fase di trasformazione.
Tra delocalizzazioni selvagge, che il governo vuole scoraggiare con forza; concorrenza sleale, che spesso arriva da Oriente; un passaggio generazionale più difficile del previsto e una riconversione industriale che tarda a realizzarsi, il Nord Est ha imboccato una strada nuova, impervia, dal futuro incerto. Per questo mi sono fatto promotore, all'interno di Alleanza Nazionale, di dar vita a un Osservatorio che riconosca nel Nord Est un soggetto che va prima di tutto ascoltato e poi indirizzato verso una nuova stagione economica.
L'anno appena concluso, infatti, segna per quest'area un prodotto interno lordo che è cresciuto tra lo 0,2 per cento e lo 0,4. Troppo poco. A soffrire è soprattutto il comparto del tessile, che ha registrato una flessione del 5 per cento, ma anche il settore orafo non va benissimo. Il dato confortante è stato l'aumento del numero delle imprese: nel 2003 se ne sono registrate 492.156, l'8,7 per cento in più rispetto all'anno precedente, anche se spesso sono aziende familiari e con pochi dipendenti. Come reagire? Già nella prima riunione della taskforce che ha coinvolto i parlamentari del mio partito e i rappresentanti delle Api del Nord Est ho proposto una serie di interventi che faranno parte del pacchetto sulla competitività che, in queste ore, stiamo discutendo con le parti sociali.
Tre le linee di indirizzo. A partire dal blocco della delocalizzazione selvaggia, di chi chiude le imprese in Italia per aprire poi l'attività solo all'estero. Ecco: il governo non darà più un euro a chi agirà in questo modo. Perché c'è una buona e una cattiva delocalizzazione. La Merloni, per esempio, apre a Shanghai ma come prolungamento di un'attività che mantiene il cuore in Italia, senza chiudere centri produttivi. È un esempio di buona internazionalizzazione, quella che il governo vuole sostenere con contributi e incentivi. Poi, c'è anche il cattivo esempio della De' Longhi che chiude gli stabilimenti in Italia per andare all'estero. La seconda linea da perseguire è quella di supportare la nascita di consorzi dell'export e di nuovi distretti, passando attraverso la fusione tra società. Perché piccolo è bello, senz'altro, ma può trasformarsi in una malattia che si chiama nanismo. Per crescere sui mercati internazionali le imprese del Nord Est devono infatti cercare alleanze costruttive, non si può essere competitivi se si resta inchiodati nei propri vincoli territoriali.
Il governo favorirà questi processi di fusione concedendo bonus fiscali triennali e semplificando anche la procedura per la nascita di nuove aziende attraverso l'autocertificazione. Infine, la promozione. Che è sempre un bene. Perché bisogna far conoscere all'estero il proprio brand, la propria azienda, il proprio lavoro. È quello che il governo ha fatto, per esempio, con l'attività dell'Ice che ha promosso accordi sulla grande distribuzione: uno su tutti i sessanta giorni in cui le imprese tricolori hanno invaso i famosi magazzini Harrod's di Londra. Un esperimento che ripeteremo su larga scala anche quest'anno. Senza dimenticare, le missioni all'estero. Il Sistema Paese lo scorso anno ha puntato tutto sulla Cina. È andata bene. Quest'anno marceremo compattamente in Russia. Andrà ancora meglio. Il Nord Est, sono certo, non mancherà alla sfida. Perché solamente così si cresce e si resta in piedi con lo sguardo fiero di chi è capace di intraprendere ogni battaglia. E di vincerla.