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Urso chiede 100 milioni di euro per incentivare la rilocalizzazione delle imprese

Urso chiede 100 milioni di euro per incentivare la rilocalizzazione delle imprese

In un'intervista rilasciata a La Tribuna di Treviso il Viceministro alle Attività Produttive Adolfo Urso ha lanciato la proposta di una task force per il Nordest, un osservatorio che coinvolgerà governo e parlamentari di Alleanza nazionale.

Per le Pmi, ha spiegato Urso, i mercati emergenti costituiscono un'opportunità. E proprio per incentivare la crescita all'estero il viceministro propone una serie di interventi: 100 milioni di risorse per incentivare la rilocalizzazione (il rientro delle produzioni in Italia) da aggiungere al decreto legge Marzano sulla competitività, interventi mirati per distretti industriali e la legge europea sull'etichettatura d'origine obbligatoria sull'import.

'È un pacchetto di misure che riguarda l'internazionalizzazione delle imprese, un integrativo al decreto sulla competitività. È una proposta, ma il confronto con le categorie produttive sta partendo in questi giorni e spero che nell'arco di poche settimane si possa arrivare a una conclusione positiva. Penso a una serie di incentivi e di finanziamenti per quelle aziende che intendono internazionalizzare e affrontare la sfida dei mercati esteri, soprattutto quelle medie e piccole', ha detto Urso.

Riportiamo di seguito l'intervista rilasciata al quotidiano.

D: La provincia di Treviso, come tutto il Nordest, vive di piccola e media impresa. Un sistema che negli ultimi anni è entrato in crisi. La soluzione è all'estero?

R: Non solo in quello. Bisogna incentivare i consorzi dell'export e i distretti di imprese, tutelando il made in Italy. È quello che il governo ha fatto, per esempio, con l'attività dell'Ice che ha promosso l'accordo sulla grande distribuzione. Ma non basta: ci sono altre forme di agevolazioni come il contratto di rilocalizzazione, per le imprese che decidono di riportare la produzione in Italia. Come avveniva in passato per attirare gli investimenti esteri'.

Ma il rovescio della medaglia sono i licenziamenti, come sta accadendo per la De' Longhi. Come evitare l'impatto occupazionale?

'C'è una buona e una cattiva delocalizzazione. La Merloni, per esempio, apre a Shangai ma come prolungamento di un'attività che mantiene il cuore in Italia, senza chiudere centri produttivi. È un esempio di buona internazionalizzazione, quella che il governo vuole sostenere con contributi e incentivi'.

Poi c'è il caso Dè Longhi. Come giudica la vicenda?

'È un cattivo esempio di delocalizzazione. Ma voglio sottolineare che nella politicadel governo non c'è nulla che incentivi operazioni che spostano semplicemente la produzione all'estero, abbandonando il territorio. Naturalmente gli imprenditori sono liberi di scegliere la strategia industriale che preferiscono, ma non con i soldi dello Stato. I contributi seguono gli investimenti'.

Ma intanto l'azienda ha annunciato 650 esuberi...

'Anche in considerazione della vertenza De' Longhi è necessario lavorare alla riconversione industriale dell'intera area. Senza dimenticare che ci sono altre emergenze, come quella dell'indotto dell'occhialeria, un settore nel quale i grandi riescono a uscire dal guado grazie alle politiche di marketing, ma nel quale i piccoli affondano. Proprio per l'occhialeria italiana abbiamo organizzato un'iniziativa promozionale a Parigi che ha dato buoni frutti. E poi non distante da Treviso c'è la Pedavena, storica azienda italiana che va salvata'.

Per le aziende cresciute con l'export, la Cina con i suoi bassi costi di produzione, rappresenta un incubo. Per altri, invece, è un'opportunità. Quale delle due?

'La Cina, dopo la Russia, è il paese nel quale l'export italiano è cresciuto di più: un +17% nel 2004. È un'opportunità. E sono ottimista anche sulla temuta invasione di prodotti tessili dopo la scadenza dell'accordo multifibre. Siamo in grado di monitorare con esattezza quante licenze vengono concesse a imprese cinesi. Presto lo saremo anche nel calzaturiero. Gli strumenti di salvaguardia del made in Italy ci sono, senza ricorrere a barriere che il mercato non ci permette di alzare'.

Insomma il Nordest non deve temere il mercato globale?

'No, ma deve attrezzarsi. Sto lavorando alla costruzione di una task force per il Nordest che vede impegnati il governo e i parlamentari di Alleanza nazionale. È un territorio vasto, con il suo centro pulsante in Veneto, che ha le sue caratteristiche. È un soggetto sociale che sta affrontando questioni fondamentali come la riconversione industriale e il passaggio generazionale. Un soggetto che ha bisogno di sostegno nelle sue specificità. Per An, inoltre, rappresenta anche la necessità di non essere confusa con il partito dei forestali della Calabria, che difende lo statalismo'.

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